Write drunk, edit sober. (Ernest Hemingway)

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SIGLA!
Ah, i piccoli paesi. Quelli dove nugoli di vecchie pettegole ronzano intorno al marciapiede e se passi di lì smettono di parlare e ti fissano o se passi con la macchina smettono di parlare e guardano dentro per vedere chi sei. Quelle che sanno tutto di tutti, e chi è morto e chi si è sposato e chi mette le corna a chi e anche cos’ha mangiato a colazione prima di cornificare quello che si è sposato e poi è morto, che tragedia, signora mia.
Facebook è uguale.
Dei pettegoli si dice che non abbiano niente di meglio da fare che parlare della vita degli altri. E di quelli che dopo aver letto 50 sfumature di grigio si sentono in dovere di comunicare al mondo quanto fa schifo e non parlano d’altro per settimane? Cosa diavolo e quanto poco  leggono per sentirsi per sul serio umiliati e offesi da un libro del genere?
È un fenomeno curioso e ciclico. Ogni tot, qualche cagna maledetta pubblica un libro e il libro fa cagare, ma viene pubblicizzato come se non ci fosse un domani. L’altro ieri era Federico Moccia, ieri era Fabio Volo, adesso arriva la E.L. James. Questi lettori della domenica annusano la cagna maledetta da chilometri e ogni volta è come se fosse la prima.
Ah vergogna. Ah indignazione. Ah sacrilegio. Che tragedia, signora mia, hanno pubblicato un brutto libro. Se ne rendo conto? Ma mica brutto come tutti, più brutto degli altri, glielo dico io signora mia, che leggo un sacco, proprio ieri ho finito la saga di Harry Potter.
E Facebook impazzisce, e durante la notte, come funghetti velenosi, spuntano gruppi indignati che “spiegano perché 50 sfumature di grigio è un brutto libro” e pubblicano stamp e sottolineano le peggio frasi, e oh oh oh, questo tipo di brutto non si era mai visto, santo cielo, caspita, mamma mia, meno male che ci sono io a farlo notare.
Per carità, ognuno ha diritto a divertirsi come preferisce. E può divertirsi prendendo in giro 50 sfumature di grigio, qualsiasi libro a caso di Fabio Volo, qualsiasi libro a caso di Federico Moccia, qualsiasi libro a caso di Nicholas Sparks and so on. Ciò che mi lascia perplessa è la serietà con cui questi cosiddetti lettori attaccano in branco le cagne maledette. Che sono indiscutibilmente cagne maledette, per carità. Ma, quindi? Se hai letto più tre libri, quest’anno, sai che è uscito di meglio e che è uscito di peggio. Sai come funziona il mercato editoriale e la pubblicità e il sistema del “bene o male purché se ne parli”. Sai che se davvero ci tieni a far passare il messaggio “gente, c’è di meglio in giro, non leggete ‘ste cagate” è mille volte più utile mettersi a proporre ciò che c’è di meglio in giro, piuttosto che mettersi a sparare sulla croce rossa.
È facile e comodo prendersela con libri come 50 sfumature di grigio. È così evidentemente brutto, non puoi sbagliare. Potresti anche sparare alla cieca, non leggero e avere comunque ragione, e fare la figura di quello che ha capito tutto della vita. Un modo facile ed economico per darsi una lustratina all’ego.
Creare un gruppo anti-Libro A Caso Brutto Come La Fame è un modo come un altro per “cantarsele e suonarsele” da soli. Si iscriveranno al gruppo – o leggeranno la recensione al vetriolo o commenteranno lo status su Facebook – solo persone che sono già d’accordo al 100% con la vostra opinione. Oh che brutto libro, oh che bello riderci su, oh come siamo intelligenti e superiori noi che leggiamo altre cose molto più fini e intellettualmente elevante, signora mia. Utile come lavare la macchina quando piove, insomma. La gente che legge e apprezza, o comunque non disprezza, il libro in questione non cambierà certo opinione perché voi dite che è brutto. Continuerà a leggere e ad apprezzare questo tipo di libri, che continueranno a venire pubblicati, da questa o da quest’altra cagna maledetta, perché ci sono persone che lo comprano e se ne strafotto allegramente – e posso dire giustamente – della vostra opinione.
Il che non vuol dire che non si ha il diritto di dire la propria opinione, ci mancherebbe altro. Sono solo sorpresa dal modo in cui si sceglie di esprimerla.
In cose del genere, onestamente, non ci vedo altra utilità che quella di sbandierare al mondo “oddio, quanto sono intelligente, non leggo Fabio Volo!” Immaginatevi pure la cagna maledetta della situazione che vi ignora mentre si sventola con un ventaglio di banconote mentre firma autografi alle fan con i piedi.
Detto questo, volete leggere un bel libro? Be my guest. Consigli random! (E se ne avete qualcuno da consigliare a me, pleeeease, fatelo!)

Su EFP, scade oggi il concorso sul libro Il Circo della Notte, di Erin Morgenstern.
 

Copertina del romanzo
 
 

Il regolamento prevedeva di scrivere una fanfiction basandosi sul primo capitolo del libro (una decina di pagine). Nulla vietava di leggere tutta la storia, ma non sarebbero state considerate OOC o non valide storie che non tenessero in considerazione i capitoli successivi. Non solo, ci si poteva ispirare anche a una generale “atmosfera” che le pagine trasmettevano.

Nelle prime sei pagine (scaricabili in PDF dal sito che ho linkato sopra o anche da EFP), abbiamo questa scena: si sa che c’è un circo misterioso, il Cirque des Reves (circo dei sogni) che appare all’improvviso nel suo tendone bianco e nero. L’unico cartello fuori dalla cancellata recita:

Apre al Crepuscolo
Chiude all’Alba
 

Il primo pezzettino è scritto in seconda persona singolare, come se lo scrittore si rivolgesse al lettore/spettatore del circo, in procinto di entrare. Qualche immagine generica di circo (caramello, zucchero filato, lustrini…) e la promessa di trovarsi in un posto magico. Passiamo a una narrazione in terza persona, dove facciamo la conoscenza di Hector Bowen detto Prospero, un famoso incantatore. Al detto soggetto viene recapitata una figliola, Celia, la cui madre si è suicidata. Lui non solo accoglie la notizia con un certo fastidio, ma dà della scema alla madre della bambina e commenta sarcasticamente che avrebbe fatto meglio a chiamarla Miranda, con dotto rimando alla Tempesta di Shakespeare. La bambina non è molto più entusiasta del padre e gli fracassa una tazzina con lo sguardo, dando prova di possedere poteri magici. Tiene anche a precisare che a lei piace Celia come nome e che non ha intenzione di farsi chiamare Miranda.

Questo, in breve, il materiale su cui costruire la fanfiction.

Andando a leggere le circa 150 storie che sono state pubblicate su EFP per il concorso, ho notato alcuni particolari ricorrenti nelle storie.

1. Temi

Che domande, il tema è il circo!

Su questo, le storie non mostrano molte eccezioni: sono quasi tutte ambientate nel circo o comunque legate a quell’ambiente. Quelle che fanno eccezione appartengono a una categoria abbastanza definita, di cui parlerò dopo.

Nel circo, le autrici si sono spaccate a metà: quelle che hanno deciso di mostrarci uno spettatore e quelle che hanno scelto gli occhi di un “lavoratore” del Cirque des Reves.

Nella prima categoria, purtroppo,tutte le storie cadono nello stesso-identico-cliché: lo spettatore arriva, è cinico e diffidente, accade un qualche tipo di magia e si convince di trovarsi in un ambiente magico ed onirico. Su questo punto, non ricordo più le volte in cui ho letto alla fine della fic “Perché questo è un sogno.” “Perché la vita è un sogno.” “Era sogno o realtà?” e altro su questa scia. Le autrici dimostrano di aver capito bene che ci troviamo nel Circo dei Sogni, a quanto pare.

Però.

Insomma, uno spettatore in un circo meraviglioso vedrà delle cose, beh, meravigliose, no? Cose degne di essere descritte nei minimi dettagli.

No.

Vede “portenti, magie, prodigi, incanti, colori, nastrini”. Insomma, non vede una mazza. Racconta di aver visto cose fighe, ma il lettore si sente preso in giro. Come se un vostro amico, reduce da un’esperienza del genere, vi raccontasse dello spettacolo così:
 
– Allora, il circo?
– Bello! Sublime! Magico!
– Che fortuna! cosa hai visto?
– Eh, magie.
– Sì, ma che tipo di magie?
– Magie STUPEFACENTI!
-…
Nella seconda categoria, lo confesso, speravo con tutto il cuore di trovare molta più inventiva sui circensi che lavorano in un circo così particolare. Insomma, hai un circo magico, sbizzarrisciti! Mi aspettavo scenari alla Big Fish, per intenderci.
 
dove sono le gemelle siamesi?
 

Con mio sommo scorno, le storie che parlano di artisti, che descrivono numeri strani, insomma che mostrano un minimo di fantasia da parte dell’autore sono pochissime. Per pochissime intendo meno di 10 su 150.

E le altre? Beh, le altre parlano di Celia e Prospero. Per essere più precisi:

– Prospero scocciato da Celia

– Prospero inizialmente scocciato da Celia ma che poi le vuole bene

– Prospero che si ricorda di voler bene alla madre di Celia ed è tanto triste

– Prospero che litiga con Celia (per il nome, sempre per il maledetto nome)

– Prospero che litiga con Celia ma riconosce che brava maga è e le cede il timone

– Celia cresciuta incontra l’amore

Che, per carità: sono due maghi potenti, ne avresti di magie da inventare per mostrare l’addestramento di Celia o il potere del padre. Bene, il problema è proprio in quel mostrare: nelle storie (fa eccezione la sopracitata decina) non c’è traccia di incantesimi. E’ tutto un “fece un incanto potentissimo” “vide cose meravigliose” “Era capace di grandi prodigi”. Quali? Trasformare gli spettatori in scimmie o far spuntare conigli dal cappello? Forse accendere la scintilla della fantasia nella mente degli autori, quello sarebbe un grande incanto…

 
siore e siori, grandi prodigi!
 

La categoria a parte, di cui parlavo prima, è composta dalle storie che hanno voluto approfondire la figura della madre di Celia.

*sospiro*

Diciamo che non brillano per inventiva. Diciamo che in una parte consistente (che espressa in numeri sarebbe 99,9%) ci sono una donna disperata e povera che non sa come badare alla figlia, così la affida con gli ultimi soldi al padre. C’è la figlia che capisce e si fa adulta di colpo, la madre che piange, il Destino Porco Bastardo… e badilate di noia.

In molte storie la madre non si suicida, finge solamente di farlo. In altre (oh, un minimo di inventiva!) una creatura sovrannaturale. Queste sono le uniche storie in cui si esce dall’ambiente del circo. Finiscono sovente con la lettere che Madre scrive a Prospero.

 2. Frasi

Posso capire che, con dieci paginette come guida, uno si attacchi alle citazioni per rimanere in tema. Però che ci si attacchi a pappagallo è svilente.

Poche fanfiction si fanno mancare la citazione del cartello che accoglie i visitatori del circo, piazzata lì e poi dimenticata (al massimo si chiedono tutti “Che vuol dire?” Ma che vuoi che voglia dire! Gli spettacoli saranno di sera, citrullo!).

I sogni. Benedetti sogni, citati in lungo e in largo. Credo di aver riletto tutte le frasi fatte sui sogni, in questi due giorni. Si salvano alcuni usi intelligenti della citazione di Shakespeare “Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni”.

Lo spettatore che se ne va chiedendosi se è stato tutto un sogno, invece, lo darei in pasto a Sandman.

3.Stile

Se un’americanza fa la figa e usa la seconda persona (a mio parere male, ma vabbè, non è una recensione del libro) non è che chi lo fa acquisisce per osmosi l’atmosfera del libro.

Ho notato molte storia scritte in seconda persona. Personalmente la narrazione non ci guadagna, anzi, io provo un senso di fastidio di fronte a questo stile. Cattiva idea da copiare.
 
che vuoi da me? Perché mi tiri in ballo, signor autore?
 

Tirando le somme, posso solo notare con un po’ di tristezza come gli spunti che gli autori hanno sviluppato per il contest ruotano attorno a pochi, noiosi cliché.

Anche se la storia, come potenziale, permetterebbe un uso smodato della fantasia.

Peccato.
 

Il pOrn fest di Fanfic Italia è alle battute finali. Ne avete approfittato?

Ho un problema. Ho visto un bruttissimo cortometraggio e ora vorrei recensirlo, ma non so come cominciare, perché è talmente brutto che mi vergogno per lui.

Tutto è cominciato una notte buia e tempestosa, non poi così buia e nemmeno tanto tempestosa – ora che ci penso, non era neppure notte. Su Tumblr qualcuno ha cominciato a gridare “al genio”. Sapete come funziona Tumblr, no? Post, repost repost repost repost virgola tre periodico. Per cui quel “al genio” si è elevato alla potenza di ventordici. Non potevo certo rimanere insensibile a tutta questa genialità, no?

L’oggetto di tanta ammirazione e reposting (o reblog?, abboh, dai, ci siamo capiti) (ho controllato, si dice reblog!) era un cortometraggio di tale Ari Aster. Il titolo: The Strange Thing About The Johnsons.

Mille modi di chiedere aiuto in modo intelligente!

Di cosa parla questo film? Detta in breve, di abusi sessuali in famiglia, ma la cosa controversa e shockante che ha emozionato e sconvolto Tumblr è il fatto che è il figlio ad abusare del padre, e non viceversa! Per non parlare del fatto che il cast è composto solo da attori di colore!!!! (ma di questo parleremo dopo)

Tumblr grida al genio!

For those involved with this film to dare and cross so many boundaries in order to shed light on this sensitive topic … that is bravery.
Dare to address controversy for the better of society.
Here’s to art and awareness.

(Random Dudette #1)

This is the most disturbing, twisted, sick, psychotic and uncomfortable (short) film that I have ever watched. With that said, considering the affect that it is supposed to have, it was well executed. It was, for me, like watching a really scary horror film, though it’s a psycho-thriller, it seems.
(Random Dude #2)

I couldn’t stop watching this. Entranced me more than some hollywood movies out right now. If you have 30min, check it out.
(Random Dudette #3)

E potrei continuare! All’infinito! Ma mi fanno male i diti dopo aver tenuto premuto ctrl+ins e poi shift+ins quindi basta. Arriviamo a noi. Che cos’è questa strana cosa dei Johnsons di cui parlano tutti?

SPOILER ALERT! Intendo qui lamentarmi piagnucolosamente della trama. Se non avete ancora visto il corto, potrei rovinarvi qualche colpo di scena che non c’è. Se vi interessa guardarvelo, andate qui o qui e poi tornate qui a leggere. Altrimenti, continuate pure!

Il corto si apre con l’unica scena decente di tutto il film. Il padre becca il figlio quindic… quattordic… sedic…, vabbè, che si fa una sega guardando una foto. C’è un momento di imbarazzo in cui il padre cerca di spiegare al figlio che farsi le seghe è normalissimo e il figlio che gli domanda “se è tanto normale, vuol dire che te le fai anche tu?”.

Awkwaaaard.

La conversazione si conclude con un “I love you dad” e un “I love you back”, il padre se ne va, il figlio si lascia cadere sul letto e DRAMATIC ZOOM ASSOLUTAMENTE POCO CREDIBILE sulla foto che ritrae il padre in costume da bagno! OOOOOH. Il regista sembra avere una strana mania per gli zoom improbabili, come vedremo tra poco.

Passano quattordici anni ed il giorno del matrimonio del figlio. Da questo punto in poi non sono riuscita a trattenere le grasse risate. Gli invitati alla festa fanno una  bella foto di famiglia insieme. Il padre ha la faccia di uno che non si sta divertendo e capiamo subito il perché, visto che il figlio gli sta pizzicando il culo con fare voglioso.

La fazza triste

Durante il ricevimento la madre si mette a cercare il marito in giro e OMG, dietro a una staccionata CON UN BUCO AD ALTEZZA OCCHI PER DEPRAVATI (what a coincidence!) il figlio sta cercando di fare un pompino al padre che ha sempre la fazza triste. La madre rimane un attimo terrificata, ha un urto di vomito, si asciuga lacrime che non ha, poi sorride e se ne torna alla festa.

Best performance EVER

 

Siamo a cena da mamma e papà. La mamma canticchia mentre sforna qualcosa di  non meglio specificato e chiede al figlio di andare a chiamare il padre per cena (brava furba, dopo quello che hai visto lo mandi su da solo con tuo marito, avvabbè); la moglie del figlio è vestita in maniera trucida e assomiglia al tizio di Otto sotto un tetto con la parrucca.

 

Questo tizio

 

MEANWHILE, il padre sta scrivendo degli abusi subiti sul suo diario segreto/nella sua autobiografia (WTF, quando tuo figlio è a cena a casa tua? Mr. Antisgamo, aspetta cinque minuti che se  ne torna a casa!) tipo su un Mac costruito avanti Cristo; arriva il figlio (con tanto di scricchiolio di scale, che suspense!) e il padre cerca disperatamente di chiudere il documento prima e di spegnere il piccì poi, però il computer sembra non collaborare. Arriva il figlio quando il tutto è ancora acceso ma non entra nella stanza, quindi niente. Vanno tutti a cena e il figlio tratta male la madre tipo “Posso avere le carote?” “No, sono di papà, non toccarle!”; il padre e la madre si tengono per mano e il figlio per tutta risposta fa piedino al padre che sembra più una grattatina sullo stinco.

Vi ricordate il diario segreto/l’autobiografia di cui parlavamo prima? A quanto pare il padre intende pubblicarla, perché le ha dato persino un titolo, Cocoon Man (che a mio modesto parere sarebbe stato un titolo migliore per il corto di The Strange Thing About The Johnson, ma vabbè). Pinza il tutto e lo porta in camera da letto; si sente il rumore della doccia e deduciamo che la  moglie si stia lavando. Il padre ficca il romanzo sotto il cuscino con un post it Joan forgive me.

Il figlio esce dalla propria camera da letto – ma ‘sto figlio non ha una casa propria? È sempre lì in giro! E qui sorge di nuovo la domanda: ma tu, padre, non puoi aspettare che tuo figlio se ne torna a casa?, o che vada a fare la spesa?, perché devi fare le cose pericolose sempre quando lui è in casa così ti sgama? Comunque, il figlio dice al padre, che fa la faccia antisgamo del tipo “Chi, io? Quale manoscritto?”, che il bagno di camera sua non funziona quindi andrà in quello della camera dei genitori. Il padre strilla “Noooo tua madre è sotto la doccia!” e il figlio giustamente risponde “Posso aspettare!” e se ne va tutto tranquillo in camera. Il padre, spaventato a morte, scende di sotto.

Nella scena successiva, il padre e un gufo fanno a faccia di tolla. Vince il gufo perché il padre si gira quando il figlio entra nella stanza. Il figlio ha in mano il manoscritto! TA-DAAN, zoom (the strange thing about the zooms). Il padre, con una gestualità da attore consumato, si spiaccica contro lo schienale della poltrona. Il figlio gli getta davanti il manoscritto con disprezzo e il padre si scusa per averlo scritto. Il figlio gli dice “Fai sparire tutte le copie” e se ne va.

È Capodanno! Il figlio limona con la moglie (sempre vestita come la merda) e il padre ha la solita faccia depressa. Il figlio guarda in camera… ah, no, sta guardando il padre mentre limona. È finita la festa, tutti tornano a casa, TUTTI TRANNE IL FIGLIO, che dà un pugno a una fotografia (the strange thing about the photo) e dice alla moglie, con un tono MOLTO convincente “Ops, ora dovrò stare qui a pulire tutta la notte, tu va’ a casa” (e lei ci va, anche se è poco convinta). Il padre nel frattempo è nella vasca da bagno – cosa che ci fa intuire che sia andato a farsi il bagno PRIMA che gli ospiti fossero usciti di casa o che il figlio abbia vagato per casa senza meta per ore – e sta ascoltando una cassetta (ZOOM sul particolare della cassetta, una cassetta di… autoaiuto? Boh? Come Fare A Dare Sberle Al Proprio Figlio Trentenne In Cinque Mosse) a tutto volume. Il figlio bussa alla porta, “Come hai osato chiudere la porta a chiave?”, e butta giù la porta. Qui il padre fa la faccia più buffa di sempre e anche se doveva essere una scena terribilmente drammatica io ho riso come una scimmia per tutto il tempo.

Click for fun

La madre nel frattempo sta guardando tipo ER (dopo la festa di Capodanno?, sono le quattro del mattino, non puoi andare a dormire?) e alza il volume al massimo (ZOOM sul volume che viene alzato) per non sentire le grida di terrore del marito dal bagno e ride da sola, brava scema. Il figlio nel frattempo esce dalla vasca con i pantaloni alle caviglie zuppi, se li tira su e dice “Scrivi anche questo sul tuo libro”. Primo piano della faccia terrorizzata del padre a letto che guarda la nuca della moglie che è sveglia come un grillo ma gli dà le spalle.

Il padre tira fuori da sotto le assi del pavimento disposte in maniera molto poco sospetta una copia segreta di Cocoon Man e cerca di uscire di casa. Da chi sta andando? Perché come al solito non aspetta che il figlio sia uscito di casa? Perché invece di andare in giro col manoscritto stretto al petto col titolo bello in evidenza non se lo mette tipo in una borsa nascosto, così nessuno lo vede? Boh. Fatto sta che scende le scale e il figlio lo ferma per fare una chiacchierata da uomo a uomo. Il figlio gli dichiara per l’ennesima volta il suo amore perverso e il padre corre fuori con il manoscritto stretto al petto, agitandosi come una ragazzina. In quel momento, arriva un furgoncino dei gelati o della posta o quel che l’è, a tipo DUE ALL’ORA, ma visto che andava a due all’ora il regista ha pensato bene di velocizzare la pellicola, che tanto non se ne sarebbe accorto nessuno! Il furgoncino colpisce in pieno il padre che non si capisce come ci sia finito sotto e lo uccide. Magistrale l’interpretazione dell’autista del furgoncino. Quella del figlio invece fa pena e ho riso istericamente mentre lo guardavo tirarsi su i calzoni come se gli scappasse una pipì assurda.

Viene organizzato il funerale e la moglie è sconvolta. Dopo il funerale, non si quanto dopo, ma dopo, il figlio fruga tra la roba del padre e ne cava fuori un maglione orrido che indossa su una camicia che peggio mi sento. La madre lo becca e qui parte  un altro momento esilarante del corto: IL FINALE. La madre chiede al figlio perché il padre stesse piangendo al ritorno dalla sua Prom Night, notte del ballo di fine anno. Il figlio risponde “Che cazzo ne so, sono passati anni?” e la madre dice “Ah, allora è iniziato quel giorno!” tra le lacrime e lo accusa di aver ucciso il proprio padre. Gli tira due schiaffi, lui glieli rende e qui parte una bitch fight. Il figlio scaglia la madre verso il caminetto, ma lei si ribella afferrando non si sa come l’attizzatoio e piantandoglielo ovunque gridando come se avesse visto un topo. Fine.

Ora, sono io che sono ormai rovinata mentalmente dopo anni di film trash e slasher e torture porn, o questo film fa morire dal ridere? Ho una serie di domande:

1) PERCHÉ? Cioè. sul serio, perché. Com’è possibile? Il padre non è un vecchio immobilizzato sulla sedia a rotelle o su un letto, non è un bambino che non sa difendersi e non è una donna. Com’è possibile che il figlio riesca ad avere sempre la meglio su di lui? Il figlio non sembra più forte né dal punto di vista fisico né da quello mentale. Non sembra dotato di forza particolare né delle capacità per soggiogare la mente del padre. Non viene mostrato nulla di tutto ciò. Voi potrete dire “ma Kuki, è sottinteso! È finemente lasciato intuire!”, ma io dico: mi ha fatto lo zoom persino sull’audiocassettina per farmi VEDERE che tipo di persona è il padre (senza riuscirci, tra l’altro), quindi perché non mi fa vedere che tipo di forza ha il figlio a propria disposizione che gli permette di fare del male al padre? Considerate poi che gli abusi sono cominciati quando il figlio era solo un ragazzino! Ma dagli due sberle. Nel libro il padre scrive “Cosa avrei dovuto fare, mandarlo nella sua stanza?” Sì, cazzo! Dai! A pedatoni! Secondo te? Ma che domande sono?

2) MA LA GENTE È STUPIDA? Vogliamo parlare del padre e del manoscritto? Prima di tutto, che modo inefficace di chiedere aiuto, o comunque di ammettere quello che sta succedendo. È vero che tutti reagiscono in modo diverso, ma pensaci un attimo! Se io fossi appassionata di tatuaggi e mio padre mi molestasse o molestassi mio padre o mio figlio mi… (sigh) comunque, non è che mi farei tatuare “vengo molestata” in fronte perché per caratterizzazione mi piacciono i tatuaggi! Lui scrive ‘sto malloppo e se lo mena in giro così, ad cazzum. Prima di tutto lo scrive quando il figlio è in casa e poi fa le faccette preoccupate quando lo sente arrivare (ma dai?), poi, quando finalmente l’ha stampato, è sempre lì a sventolarlo in giro nei momenti meno opportuni. Aspetta che tuo figlio esca! Mandalo a fare la spesa! Un po’ di buon senso. E la madre, che dovrebbe fare la parte di quella debole che sa tutto ma non dice niente? Sembra solo una deficiente. Sembra una che ignora più che una che finge di non sapere, eppure l’abbiamo vista tutti guardare dal buco della staccionata. Quando alza il volume sembra che lo faccia perché le grida le danno fastidio, non perché non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. E il finale, dove fa tutta la figa con la storia del ballo di fine anno? Ma scherzi? Che senso ha? Li hai visti!

3) Terza e ultima domanda, la più importante di tutte. CHI HA SCELTO LE FOTO PER IL FUNERALE?

Foto scelte da uno che ti vuole proprio bene

Ah, un’ultima considerazione. Sempre su Tumblr si sono tutti messi a fare commenti argutissimi sul fatto che il cast è tutto di colore. “È per dimostrare che le cose brutte succedono a tutte le famiglie! È per superare i pregiudizi!”. No. Il regista dice chiaramente “L’idea mi è venuta chiacchierando col mio amico a cui poi ho dato la parte del figlio. Essendo il mio amico di colore, i genitori dovevano essere di colore.”

Ultimissima cosa. Il tema disturbante. Come avete visto dai commenti che ho citato, il cortometraggio viene lodato per il coraggio di aver affrontato il tabù dei tabù. A parte che una cosa è il tabù e una è il caso raro ed eccezionalissimo; a questo punto, è un tabù anche la molestia sessuale da parte degli scoiattoli?

Stuprerò la tua famiglia!
Ma a parte questo, non è che affronti un tema disturbante allora sei troppo socialmente impegnato. È come quando nelle ficcyne scrivono una scena di stupro: scrivere di stupro non fa di te  una persona matura e troppo cool che spezza la prigione di silenzio costruita attorno a un tema scottante. Puoi anche scrivere – pensa te – una scena di stupro di merda, come puoi girare un corto di merda sugli abusi sessuali. Sono cose che capitano.