Write drunk, edit sober. (Ernest Hemingway)

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Letture estive per tutti i gusti!

La sentinella
di Fredric Brown

Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame freddo ed era lontano 50mila anni-luce da casa. Un sole straniero dava una gelida luce azzurra e la gravità doppia di quella cui era abituato, faceva d’ogni movimento un’agonia di fatica. Ma dopo decine di migliaia d’anni, quest’angolo di guerra non era cambiato. Era comodo per quelli dell’aviazione, con le loro astronavi tirate a lucido e le loro superarmi; ma quando si arriva al dunque, tocca ancora al soldato di terra, alla fanteria, prendere la posizione e tenerla, col sangue, palmo a palmo. Come questo fottuto pianeta di una stella mai sentita nominare finché non ce lo avevano mandato. E adesso era suolo sacro perché c’era arrivato anche il nemico. Il nemico, l’unica altra razza intelligente della galassia… crudeli schifosi, ripugnanti mostri. Il primo contatto era avvenuto vicino al centro della galassia, dopo la lenta e difficile colonizzazione di qualche migliaio di pianeti; ed era stata subito guerra; quelli avevano cominciato a sparare senza nemmeno tentare un accordo, una soluzione pacifica. E adesso, pianeta per pianeta, bisognava combattere, coi denti e con le unghie.
Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame, freddo e il giorno era livido e spazzato da un vento violento che gli faceva male agli occhi. Ma i nemici tentavano di infiltrarsi e ogni avamposto era vitale. Stava all’erta, il fucile pronto.
Lontano 50mila anni-luce dalla patria, a combattere su un mondo straniero e a chiedersi se ce l’avrebbe mai fatta a riportare a casa la pelle.
E allora vide uno di loro strisciare verso di lui. Prese la mira e fece fuoco. Il nemico emise quel verso strano, agghiacciante, che tutti loro facevano, poi non si mosse più.
Il verso, la vista del cadavere lo fecero rabbrividire. Molti, col passare del tempo, s’erano abituati, non ci facevano più caso; ma lui no. Erano creature troppo schifose, con solo due braccia e due gambe, quella pelle d’un bianco nauseante e senza squame…


Letture estive per tutti i gusti.

Il pubblico del labirinto
Prologo epico, Primo tempo, Secondo tempo
di Nanni Balestrini

Eccomi qua ancora una volta
seduto di fronte al pubblico della poesia
che seduto di fronte a me benevolmente
mi guarda e si aspetta la poesia

come sempre io non ho niente da dirgli
come sempre il pubblico della poesia lo sa benissimo
certamente non si aspetta da me un poema epico
visto anche che non ha fatto niente per ispirarmelo

l’antico poeta epico infatti come tutti sappiamo
non era il responsabile della sua poesia
il suo pubblico ne era il vero responsabile
perché aveva un rapporto diretto

con il suo poeta
che dipendeva dal suo pubblico
per la sua ispirazione
e per la sua remunerazione

la sua poesia si sviluppava dunque
secondo le intenzioni del suo pubblico
il poeta non era che l’interprete individuale
di una voce collettiva che narrava e giudicava

questo non è certamente il nostro caso
non è per questo che siete qui oggi in questa sala
purtroppo quello che state ascoltando non è
il vostro poeta epico
e questo perché da tanti secoli
come tutti sappiamo
la scrittura prima
e successivamente la stampa

hanno separato con un muro di carta e di piombo
il produttore e
il consumatore della poesia scritta
che si trovano così irrimediabilmente separati

e perciò oggi il poeta moderno
non ha più un suo pubblico da cui dipendere
da cui essere ispirato e remunerato
solo pubblici anonimi e occasionali

 

come voi qui ora di fronte a me
non più una voce collettiva
che attraverso la sua voce individuale
racconta e giudica

il suo rapporto col pubblico ha perso ogni valore dicono
non gli rimane che concentrare il suo interesse
sui problemi dell’individuo singolo
sui suoi comportamenti particolari

il poeta moderno è autosufficiente
praticamente mai remunerato
non pronuncia alcun giudizio
ciò che conta per lui ci dicono
è soltanto il suo
immaginario
le sue ossessioni consce
e inconsce

perché per lui non esiste ci dicono
che l’individuo come singolo
irriducibilmente diverso
e separato dagli altri

e così il poeta moderno
solo
o anche davanti al pubblico della poesia
dialoga individualmente con la sua poesia

Lei è qui in piedi di fianco a me
ha un vestito bianco o nero
ha un’aria sorridente e distesa
guarda davanti a sé

guarda il pubblico della poesia
il pubblico della poesia la guarda
il pubblico della poesia si chiede
che cosa farà

lei non fa niente
guarda il pubblico della poesia
che è là seduto davanti a lei
con vestiti bianchi o neri

sono qui tutti
salvo quelli che non sono venuti
per motivi diversi
quelli che avevano altro da fare

quelli che non amano la poesia
quelli che si sono dimenticati di venire
quelli che si sono ammalati
quelli che hanno dovuto partire improvvisamente

quelli che all’ultimo momento hanno deciso di non venire
per motivi diversi
alcuni accettabili altri inaccettabili come
la paura del fuoco
la mancanza di fiducia
il cuore spezzato
e altre storie del genere che lei non verrà mai a sapere
e noi nemmeno grazie al cielo

adesso lei forse alzerà la mano sinistra
no non alza la mano sinistra
sì adesso alza la mano sinistra
tutti possono vedere che ha alzato la mano sinistra

adesso potrebbe alzare anche la mano destra
invece solleva un poco il piede sinistro
ma non solleva contemporaneamente anche il piede destro
e nemmeno la veste e nemmeno i suoi occhi al cielo

potrebbe adesso volare cantare o rotolarsi per terra
pensa il pubblico della poesia ingenuo e ignaro
la vede invece riabbassare il piede e anche la mano
e poi chiudere i suoi grandi occhi sognanti

adesso lei non vede più il pubblico della poesia
ma il pubblico della poesia non chiude i suoi piccoli occhi
e continua a guardarla
e a chiedersi che cosa farà

lei non fa niente
ascolta la mia voce
potrebbe anche ascoltare la voce del pubblico della poesia
ma il pubblico della poesia non è qui per parlare
è qui soltanto per ascoltare la mia voce
altrimenti può anche andarsene
scomparire per sempre nella notte
nera e profonda come un labirinto

lei sente la parola labirinto
con gli occhi chiusi avvolti dalle tenebre
e ha la sensazione di essersi perduta
in un labirinto oscuro inestricabile

un labirinto fatto di parole
in cui è entrata senza saperlo
e da cui non sa se uscirà
quando uscirà come uscirà né dove

ora il suo corpo diventa un labirinto
qualcosa che ha un’entrata e un’uscita
come una ciambella con due buchi
e tra questi due buchi una serie di percorsi

il numero dei percorsi è infinito
infiniti percorsi di parole
in cui siamo entrati senza saperlo
e da cui non sappiamo se usciremo quando come dove

spaventata lei adesso riapre gli occhi
rivede il pubblico della poesia
che si stende davanti a lei come un grande foglio bianco
su cui può scrivere quello che vuole
si chiede perché è lì invece che essere altrove
ma forse lei non pensa a questo
anche se può pensare a tutto quello che vuole
anche se potrebbe benissimo essere altrove

potrebbe essere là al posto del pubblico della poesia
e il pubblico della poesia essere qui al suo posto
o anche al mio posto perché no
ma forse è meglio che la poesia non sia fatta da tutti

improvvisamente lei solleva il piede sinistro
lo porta avanti lo abbassa
solleva il piede destro
lo porta avanti lo abbassa

comincia a camminare
dirigendosi verso il pubblico della poesia
un passo dopo l’altro
avanza camminando attraversando la sala

il pubblico della poesia la segue con lo sguardo
animato da sentimenti contrastanti
mentre lei lo attraversa
come una linea nera su un grande foglio bianco

la scena è perfettamente silenziosa
salvo il suono della mia voce che descrive
imparzialmente tutto quello che avviene in questo
momento sotto gli occhi del pubblico della poesia
potrei parlare invece di un sacco di altre cose
che lo farebbero restare a bocca aperta
ma per questa volta ho deciso
di attenermi alla pura realtà dei fatti

come tutti vedono lei sta camminando lentamente
attraverso la sala in una direzione precisa
che ancora noi non conosciamo
ma che è inutile cercare di indovinare

spesso viene qua gente col solo scopo di indovinare
o che magari crede di sapere già tutto
ma è gente con cui io preferisco non avere a che fare
gente da cui non comprerei un’automobile usata

con cui non vorrei trovarmi non dico su un’isola deserta
o in un ascensore durante un blackout
ma nemmeno seduto accanto in questa sala
vi consiglio perciò di diffidare del vostro vicino

lei intanto avanza verso il fondo della sala
sempre camminando lentamente e silenziosa
e adesso senza voltarsi imperturbabile
raggiunge l’uscita della sala

adesso lei varca l’uscita
adesso lei è uscita dalla sala
adesso lei sta attraversando l’atrio
adesso lei sta uscendo dall’edificio
adesso lei sta salendo su un taxi
adesso lei sta scendendo alla stazione
adesso lei sta salendo su un treno
adesso il treno parte

adesso il treno è partito
viaggia nella notte nera profonda e silenziosa
rotta soltanto dal rumore del treno
che si allontana sempre più sempre più

 

la immagina naturalmente come un’affascinante signorina
e vorrebbe che anche voi la immaginaste così
che si trova in questo momento qui di fianco a lui
cioè a me e cioè dunque lì di fronte a voi